Esistono molti studi che spiegano come produttività e crescita di un’azienda dipendano dal benessere dei propri dipendenti. Benessere che si declina nel bilanciamento lavoro/famiglia in termini di tempo e organizzazione, nella soddisfazione e comfort che la vita in azienda riesce a dare, nella capacità di far sentire le persone in un progetto che è loro.
La leva del benessere aziendale oggi predomina nella comunicazione delle società che vogliono attrarre talenti e si declina negli strumenti maggiormente pubblicizzati, come lo smartworking, i welfare packages, le cucine aziendali, le palestre e benefits di ogni genere e natura. Le immagini degli uffici di Google, del resto, ci fanno sognare di lavorare in un luogo proprio così.
In questo articolo parleremo di:
- Le esperienze che ci indicano la strada
Il welfare in Italia
Anche le aziende italiane nell’ultimo decennio hanno saputo portarsi a casa le esperienze internazionali ed introdurre strumenti e politiche di attenzione al welfare per le proprie risorse. Prima sono state le consociate delle grandi Corporate, che hanno dovuto applicare a livello locale le politiche di HQ. Poi sono state le giovani aziende che operano nel comparto digitale che, per loro natura agile e innovativa, hanno saputo cogliere il valore di tali strumenti, introducendoli in maniera più o meno strutturata.
Le aziende di imprenditori evoluti hanno saputo a loro volta cogliere tale opportunità, comprendendo che il valore della propria azienda è fatta principalmente dalle persone che la compongono. Gli stessi CCNL italiani mostrano sempre maggior attenzione in questa direzione, cominciando ad introdurre linee guida che aiutino le aziende ad applicare buone politiche di Welfare.
Le aziende sono le persone
Per comprendere quale elemento di fondamentale importanza ricopra il benessere dei dipendenti per un’azienda, basta soffermarsi un attimo a pensare che le aziende non sono dei contenitori vuoti che vengono costruiti con dimensione predeterminate e una struttura interna definita da regole e criteri confezionati e poi riempiti di tasselli umani. Le aziende sono le persone e sono le persone che danno forma alle aziende, le fanno crescere, le conferiscono determinate caratteristiche e le portano a diventare quello che sono. È solo dando spazio alle capacità delle persone che le aziende possono crescere, evolvere e innovare. Ecco perché serenità e benessere dei lavoratori è determinante per il successo delle aziende.
Dunque le aziende che vogliono attrarre talenti e avere successo devono partire esattamente da questo assunto. E cioè che le loro aziende sono fatte di persone e che, così come ogni azienda possiede caratteristiche proprie, anche le persone non sono tutte uguali e con le stesse aspettative e bisogni.
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Cosa cercano i lavoratori in un’azienda
Le aziende che introducono pacchetti welfare scopiazzati dalla letteratura o da casi esemplari noti a tutti come i “best places” in cui lavorare, immaginando di conferire il maggior benessere possibile alle proprie risorse, non considerano - a mio parere - veramente il fattore welfare.
Un lavoratore sicuramente sta bene in un’ azienda che gli dà benessere economico, gli offre la libertà di gestire il proprio lavoro in bilanciamento con le esigenze personali, che gli riconosca benefits per la propria vita professionale e sfera familiare.
Ma quando un lavoratore sceglie un’azienda non sta acquistando un pacchetto vacanze: non è alla ricerca del posto che gli conferisca maggior valore economico possibile a scapito del resto. Piuttosto, desidera entrare in un contesto dove abbia anche la possibilità di esprimersi e portare valore, dove poter sentire che le proprie competenze, esperienze e idee possono dare contributo attivo per la crescita dell’azienda stessa.
Tra cucina e palestra aziendali, scelgo… nessuna delle due
È la partecipazione che può far lavorare bene qualcuno in un'azienda, garantendone anche in coinvolgimento. Per una persona essere ascoltata, vedere applicate le proprie idee, sentire che il proprio contributo può fare la differenza, genera soddisfazione e benessere. E chi vorrebbe andarsene da un posto in cui è soddisfatto e sta bene?
I contesti dove ciò si realizza dunque, non sono quelli che hanno un palestra e un cuoco in cucina, ma quelli in cui, attraverso manager capaci di trasmettere direzione, linee guida e obiettivi aziendali chiari, siano valorizzati i talenti delle singole persone, conferendo loro un ruolo idoneo, obiettivi allineati al loro percorso aziendale e formazione continua che li arricchisca.
Per riuscire a fare ciò è però necessario che le aziende abbiano grande consapevolezza di sé, senza voler “vendere” ciò che non sono: mi riferisco ad esempio alla dichiarazione dei valori aziendali, classicamente espressi da un “manifesto”, che spesso non coincide con la realtà; alle reali competenze e capacità interne che devono essere condivise con trasparenza, per non cadere in aspettative disattese; mi riferisco, infine, al fatto di dotare tutti degli strumenti idonei per poter perseguire gli obiettivi affidati.
Cosa ho imparato dopo anni di esperienza nella selezione del personale
Dopo tanti anni di lavoro nella selezione, da HR manager o da consulente esterno, ho imparato che la prima grande responsabilità di un’azienda nei confronti delle risorse si gioca nel momento della scelta di assumerla.
Quando si ricerca una persona è usuale identificare una serie di caratteristiche che deve avere: competenze, esperienza, salario, soft skills. Sono tutti elementi che si cerca di incrociare sulla carta ma che, per quanto possano trovare il 100% della corrispondenza, non garantiscono il successo della scelta.
Perché le Risorse Umane non possono essere considerate solo per le proprie individuali peculiarità o valutate come buone o cattive in assoluto, ma vanno immaginate nella loro interazione in un contesto specifico. Pertanto non è detto che il miglior talento sul mercato sia quello perfetto per la mia azienda, quello che la farà decollare.
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Qual è la persona giusta per un’azienda e l’azienda giusta per una persona?
La persona giusta per un’azienda è quella con cui c’è condivisione dei medesimi valori, che si esprime con lo stesso linguaggio del team con cui lavorerà , è quella a cui sono in grado di offrire ciò che sta cercando in un’azienda. Tutto ciò in Instilla ho imparato a riconoscerla come un’attitude, che non ha caratteristiche universalmente conformabili, ma peculiarità che se coincidono con quelle della mia azienda rappresentano la scelta vincente.
Dunque la serenità di una persona in azienda è determinata da fattori che vanno molto al di là del “pacchetto vacanze” che siamo in grado di dargli o del valore economico che siamo in grado di riconoscergli. Una persona sta bene se il contesto in cui vive è affine alle proprie caratteristiche personali, rispondente alle proprie aspettative e le permette di esprimere il proprio talento. Assumere persone talentuose con aspettative a cui non siamo in grado di dare risposta non porterà valore all'azienda, ma solo reciproca frustrazione.
Le esperienze che ci indicano la strada
In questi ultimi mesi abbiamo vissuto un’esperienza che definirei unica e che deve diventare un’opportunità per le aziende e le persone, innanzi tutto di grande ascolto. Mai come in questo periodo le aziende si sono dovute affidare alle capacità e allo spirito delle persone per dare continuità alle proprie attività in un regime di elevata autonomia e fiducia.
Le realtà che hanno voglia di osservare hanno visto emergere la natura delle persone, la loro capacità e l’entusiasmo nel contribuire ai progetti, la loro flessibilità e spirito evolutivo. Risultati che in qualche caso hanno fatto venire voglia alle aziende di fare tesoro dell’esperienza e di introdurre nuovi modi di lavorare anche in futuro, in altri hanno restituito insuccessi con cui misurarsi.
Partendo dunque dall’assioma per cui non esiste una scala di valori assoluta che misuri il livello di “bravura” di un lavoratore, così come di una definizione assoluta di benessere aziendale, è attraverso un’esperienza come questa che le aziende dovrebbero imparare a conoscere le persone che la compongono. E dovrebbero soprattutto chiedersi se hanno messo i dipendenti nel giusto ambiente e nelle giuste condizioni per esprimere i propri talenti o se invece abbiano scelto persone non idonee al proprio contesto, determinandone anche gli insuccessi.
Un’esperienza con cui si deve nuovamente portare a casa la centralità che le persone hanno in un’azienda e la responsabilità delle aziende nel momento in cui le scelgono, fattore che può diventare garanzia del loro benessere e della loro “produttività”.