La giornata mondiale contro la cyber censura

Il 12 marzo è la giornata mondiale contro la cyber censura, fondata dall’associazione non governativa Reporter senza frontiere allo scopo di promuovere la libertà di stampa, lottando contro l’omologazione della comunicazione che in tanti, Enti, Governi e Paesi, vorrebbero.

Internet ha permesso una diffusione maggiormente democratica dell’informazione ma l’avvento degli smartphone, con cui tutti possono avere Internet “in mano”, ha portato un’accelerazione incredibile della diffusione dei contenuti, di qualunque contenuto, perché tutti siamo diventati creatori, tutti siamo diventati opinionisti.

E quando tutti diventano opinionisti, quando tutti sono iperconnessi e capaci di creare contenuti e comunicare, quanto veramente ci fa bene?

Quanto un mezzo come Internet, che dovrebbe renderci collettivamente migliori, in uno scenario così rumoroso riesce davvero a renderci liberi e quanto invece questo rumore a volte diventa più simile al caos?

Premesse: la comunicazione ai tempi del Medioevo

Il Medioevo è uno dei periodo storici che ha maggiormente contribuito alla crescita culturale globale. Comunemente è stereotipato come un periodo buio e appunto di caos, totalmente deregolamentato ma anche riconosciuto per la bassa alfabetizzazione delle popolazioni di allora (o forse meglio per i primi accenni), che fluttuava tra il 20% e il 40% nelle regioni più avanzate.

Il Medioevo è quel periodo storico dove le poche persone alfabetizzate avevano la possibilità di influenzare le grandi masse meno istruite.In questo trovo grandi similitudini con quanto stiamo vivendo ora.

Il Medioevo digitale

Il digitale e la sua accelerata evoluzione ha portato tutti, negli ultimi anni, in nuove piazze, nuovi luoghi di diffusione dell’informazione con le proprie regole e logiche di divulgazione.

Basti pensare ai social network, dove tutti ci incontriamo scambiandoci pareri e opinioni, condividendo informazioni basate sempre di più su una frammentata raccolta di informazioni.

L’iper-stimolazione e l’incredibile velocità alla quale tutto questo sta avvenendo ed è avvenuto ha reso il nostro cervello più pigro, abbassando drasticamente le soglie dell’attenzione (tra i 12 e gli 8 secondi) come se non fossimo più capaci di andare oltre, di approfondire gli argomenti.

Tutto questo in uno scenario in continua accelerazione dove team di analisti studiano costantemente i comportamenti di noi utenti: quali sono le soglie di attenzione, qual è la nostra partecipazione (ingaggio), quanto tempo dedichiamo ai contenuti a seconda del formato in cui ci vengono presentati, che sia testuale, una foto, un video e chi più ne ha ne metta.

Anche da questo nascono i nuovi standard comunicativi che impongono al nostro cervello di raccogliere informazioni sempre più velocemente, tralasciando tutto ciò che non interessa o che è lento da assimilare.

In questo scenario dobbiamo considerare che gli algoritmi permettono la diffusione di questi contenuti indipendentemente dalla loro qualità. 

Gli algoritmi non sono (si spera ancora per poco) in grado di valutare la veridicità o l’attendibilità del contenuto e considerano come elemento rilevante di diffusione la capacità di ingaggio sulle persone.

In questo scenario avremo 2 tipi di utenti: chi conosce queste logiche ed è in grado di dominarle e chi le ignora e le subisce, creando una nuova forma di alfabetizzazione, l’alfabetizzazione digitale.

Proprio per questo trovo tantissime similitudini con quanto, per forme diverse, è già accaduto in altre epoche.

In queste settimane, tempi di Coronavirus, siamo stati tutti spettatori e protagonisti di questo grande e nuovo paradosso.

Fuga di notizie o fake news che un tempo, anche solo 10 anni fa (prima dell’arrivo di Messenger e poi WhatsApp e Telegram), sarebbero rientrati in poche ore in sistema di diffusione dell’informazione lento. Oggi siamo in un sistema di diffusione iperveloce, che in pochi secondi ci permette di rendere noto l’inattendibile a migliaia di persone, rende questi errori di sottovalutazione in grado di condizionare le scelte di centinaia se non migliaia di persone.

Una evidente mancanza di padronanza del digitale ha portato ad amplificare il rumore, rumore che per diversi giorni è stato quasi assordante. Tutti con il proprio punto di vista, tutti esperti male informati confusi e sicuramente storditi.

Sono giorni in cui tutti siamo bombardati di informazioni, post social, video, note audio, dati e infografiche che non hanno mai messo nessuno in condizione di capire cosa realmente stia succedendo.Questi sono i giorni dove le fughe di notizie, costanti, non considerano la velocità di diffusione di questi contenuti dando vita a una vera e propria pandemia disinformativa.

Verso un Rinascimento digitale

Non tutte le innovazioni vengono per nuocere, e anzi portano importanti cambiamenti nella vita delle persone perché nascono con la missione di migliorarci la vita. 

Per questo tutti i grandi player del digitale investono miliardi nella ricerca, per migliorare i propri algoritmi e le logiche che alimentano la disinformazione e che rischiano di minare la nostra libertà.

Tim Berners Lee, fondatore del World Wide Web, lotta per una carta dei diritti umani su Internet, che regoli la libertà alle informazioni cercando di trasformare i player dell’erogazione di Internet in garanti per la qualità dell’informazione.

Una libertà che non dobbiamo e non possiamo perdere, il nostro rinascimento digitale è alle porte e arriverà molto prima di quanto pensiamo, dobbiamo essere pronti per potercelo godere!