SEO:
introduzione all'ottimizzazione per i motori di ricerca
Ciao! Se non ti sei ritrovato su questa pagina per sbaglio, probabilmente stai cercando delle informazioni su cos’è la SEO e sei curioso di sapere perché si fa SEO e soprattutto come farla in modo corretto. Beh, lasciati dire che sei nel posto giusto, quindi allacciati le cinture e partiamo!
Tanto per cominciare
Non fa mai male ripeterlo, SEO è un acronimo che sta per Search Engine Optimization, appunto “ottimizzazione per i motori di ricerca”.
Si tratta in concreto di un insieme bello grande ed eterogeneo di strategie e attività finalizzate a facilitare i motori di ricerca nella lettura dei contenuti del nostro sito web, con lo scopo di migliorare il proprio posizionamento organico. Per “organico” si intendono i risultati della SERP (Search Engine Result Page, Pagina dei risultati di ricerca) che non sono a pagamento (questi ultimi si distinguono subito tra i risultati di ricerca grazie al simbolo “Ann” e occupano le prime 3-4 posizioni).
Intro
SEO: significato e scopo
Il primo risultato della SEO è senz’altro quello di migliorare la visibilità di un sito. Chi è del mestiere tuttavia sa bene che la visibilità fine a se stessa non è un indicatore della validità delle attività che si stanno portando avanti. Il fine ultimo della SEO, come di tutte le altre attività digitali, è quello di portare conversioni.
Per questo, una volta generato del traffico qualificato al sito, la SEO si occupa anche di tutti i fattori “on-site” che possono facilitare la navigazione dell’utente e condurlo verso il momento della conversione.
Le basi
Come funzionano i motori di ricerca
(e il posizionamento motori di ricerca)
Per essere in grado di far comprendere il contenuto del nostro sito al motore di ricerca , è fondamentale capire come esso ragiona, recupera le informazioni e le rielabora.
Il funzionamento di qualsiasi motore di ricerca può essere semplificato in 3 fasi, che si ripetono ogni volta che viene effettuata una ricerca.
Le fasi
Fase di scansione (o crawling)
Questo è il processo mediante il quale il motore di ricerca ricorre a un software robot, chiamato anche crawler o spider, per scandagliare la rete alla ricerca di nuovi contenuti. Il crawler arriva e legge letteralmente tutto ciò che può del tuo sito, scorrendo le pagine tramite i link presenti al suo interno. Il tuo compito è facilitargli il più possibile il lavoro, con una serie di accorgimenti che vedremo mano a mano.
Fase
di indicizzazione
Quando è ancora in atto la scansione, il crawler archivia i dati letti nel database del motore di ricerca, per poi restituirli ordinati in base alla pertinenza con la parola chiave ricercata.
Fase di posizionamento (o ranking)
Come dicevamo, una volta analizzati, i risultati della scansione vengono ordinati e restituiti all’utente all’interno della SERP. Questo è il ranking ed è influenzato da oltre 200 fattori in base ai quali la SERP può variare da una ricerca all’altra e persino da un utente all’altro!
È importante sottolineare come Google in particolare ha dichiarato che il peso dei fattori di ranking sia ponderato e variabile da un’area semantica all’altra.
Ma non è tutto qua! In base ai feedback degli utenti il motore apprende, tramite processi di machine learning, se i risultati sottoposti sono davvero utili e rispondono effettivamente al search intent. In caso contrario, i pesi sono riponderati e il ranking nuovamente aggiornato.
Inoltre, la struttura esatta dell’algoritmo (il quale viene continuamente aggiornato) è segreta: tutte le regole e indicazioni da seguire si fondano sulle dichiarazioni dello stesso Google, sull’osservazione dei mutamenti della SERP – anche sfruttando lo scarto temporale con cui gli aggiornamenti diventano effettivi prima negli Stati Uniti e poi in Europa – intuizioni, test, ecc.
Per tutte queste ragioni, nessuno può darti la certezza assoluta o la garanzia di posizionare il tuo sito web per una o più parole chiave.
I tecnicismi
I cambiamenti di algoritmo e il posizionamento su Google
Il concetto stesso di SEO è evoluto molto nel corso degli anni. Figuriamoci se non avranno mai detto anche a te che
La SEO è morta
Un po’ come i gatti, la SEO è morta e risorta almeno nove volte e quasi tutte coincidono con gli aggiornamenti che il buon Google ha effettuato negli anni al suo algoritmo di indicizzazione.
Gli aggiornamenti di Google sono continui e frequentissimi, alcuni però sono diventati particolarmente famosi per il loro impatto sulla SERP.
2003
Tutto iniziò nel lontano Novembre 2003 con “Florida”, che segnò la fine del “keyword stuffing”, ovvero la ripetizione spasmodica di una parola chiave in pagina nel testo, nel codice e in decine di altri fantastici nascondigli (come ricorrere a testo bianco su sfondo bianco). Questo sporco lavoro (ma qualcuno doveva pur farlo) è stato portato avanti l’anno successivo con Austin.
2005
Il 2005 è stato l’anno della Local Maps, fondamentale nel restituire agli utenti dei risultati in base alla loro localizzazione geografica..
2009
Il 2009 è un altro anno da non dimenticare, per il lancio di Google Caffeine. Pur non essendo stato quello che (almeno nell’immediato) ha impattato di più sulla SERP, Caffeine resta uno degli aggiornamenti più importanti di Google in quanto nasce per velocizzare il lavoro dei crawler e garantire la ricerca in tempo reale.
Sempre dal 2009, si incomincia a notare una maggiore attenzione rispetto all’elemento brand: chi può vantare un brand forte, oltre a una buona strategia SEO, è considerato più credibile e affidabile.
2011
Ma i più noti della storia recente sono sicuramente loro: Panda e Penguin. Panda, rilasciato nel 2011, ha colpito i siti con contenuti duplicati, di scarso valore, poco pertinenti rispetto alle intenzioni di ricerca degli utenti. Contestualmente, Google ha pubblicato una guida per scrivere contenuti di alta qualità. L’anno seguente, Penguin si è invece accanito su quei siti che ottengono link in maniera forzata, tramite acquisto/scambio di link anche di cattiva qualità. Tutt’oggi, infatti, sono privilegiati i siti con un profilo backlink naturale.
2013
Con l’arrivo di Hummingbird (2013) Google si pone l’obiettivo di andare ad analizzare i contenuti nel web dal punto di vista semantico, dando un’interpretazione alle intenzioni di ricerca degli utenti che superi le ambiguità legate al linguaggio.
2014
Nel 2014, un altro importante aggiornamento, che ci dimostra come Google sia sempre più attento alle ricerche locali. Si tratta di Pigeon, il quale va a colpire non solo la SERP delle ricerche locali, ma anche quella globale.
2015
Il 21 aprile 2015 è meglio noto come il giorno del Mobilegeddon. L’aggiornamento, annunciato da Google già nel mese di febbraio, ha avuto come effetto principale quello di dare priorità ai siti web “Mobile-friendly”. La modifica non ha influito sulle ricerche effettuate da desktop.
2018
Arriviamo piano piano ai giorni nostri e al Google Core Update, rilasciato i primi di agosto del 2018 ed erroneamente ribattezzato Medic Update, per l’impatto negativo che ha avuto soprattutti sui siti medici e a tema salute e benessere.
In realtà, questo aggiornamento interessa i siti “Your Money, Your Life”, ossia tutti i siti che si occupano di argomenti che possono incidere positivamente o negativamente sulla salute e la felicità degli utenti (tra cui appunto il settore medico, ma anche quello finanziario). Dato l’impatto che determinati siti possono avere sulla vita delle persone, Google sembra aver deciso di attribuire in questi casi una particolare importanza agli aspetti dell’autorevolezza e dell’affidabilità del sito.
2019
Terminiamo (per adesso) con il March 2019 Core Update, il terzo più grande aggiornamento core da quando Google conferma pubblicamente i suoi interventi. Lo scorso giugno, infine, Google annuncia un ulteriore “Broad core algorithm update“.
Come avrai capito, il lavoro di Google per migliorare l’interpretazione e la proposta di contenuti agli utenti è costante.
Il modo migliore per non rischiare di essere “affondanti” dal prossimo aggiornamento dell’algoritmo? Comportarsi bene, seguire le regole e perseguire la qualità in ogni aspetto, sia per il motore di ricerca che per l’utente.
Tutto quello che hai sempre voluto sapere
Guida SEO for Dummies:
cose che devi assolutamente sapere sulla SEO
Basandoci sui fattori di ranking più noti fino ad oggi, si possono suddividere gli interventi di ottimizzazione in due macro-aree: quella “on-site” e quella “off-site”.
Tuttavia, qualunque tipo di attività svolta o miglioria al proprio sito è vana se non supportata da una scrupolosa ricerca sulle parole chiave.
Keyword research: trovare le giuste parole chiave SEO
Un’attenta analisi keyword è il pilastro che regge l’intera architettura di una strategia SEO. La ricerca delle parole chiave “migliori” per descrivere la nostra attività può essere fatta servendosi di diversi strumenti, che vanno dai vari tool professionali – come Semrush, SEOZoom, Ahref, oppure ancora il Keyword Planner di Google Ads – ai suggerimenti del motore di ricerca stesso (“Sidenote”: Abbiamo scritto un articolo dedicato ai migliori strumenti SEO per la Keyword research!). Inoltre, è sempre consigliabile un’accurata analisi di benchmark sui propri competitor organici (che, attenzione, a volte potrebbero non coincidere esattamente con i competitor di mercato). È infatti importante conoscere la situazione competitiva sulla SERP nella quali ci si vuole posizionare e capire cosa stanno facendo gli altri, per poter fare meglio.
Tornando alla scelta delle parole chiave, spesso può essere difficile destreggiarsi tra parole chiave molto generiche, con volumi di ricerca elevati (le cosiddette “vanity keyword”) e query molto specifiche. Appurato che non esiste una strategia univoca e universalmente corretta, è consigliabile – specialmente quando si ha un dominio con un’authority non molto elevata – selezionare un mix di parole chiave di vario tipo, puntando al posizionamento per parole “Long tail”, o parole chiave a coda lunga.
Il concetto “long tail” è stato introdotto da Anderson nel 2006 per descrivere una situazione di mercato in cui tanti prodotti a bassa richiesta, presi tutti insieme, possono costituire una quota di mercato superiore rispetto a pochi prodotti molto richiesti.
Applicando questa visione alla SEO, puntare a parole specifiche che ben descrivono il prodotto/servizio offerto, porterà a comparire in qualche ricerca in meno ma, allo stesso tempo, ad avere meno concorrenza e a raggiungere un traffico più qualificato – visto che le long tail risponderanno ad intenti di ricerca ben definiti.
Infine, una volta individuate le keyword per le quali si desidera posizionarsi, è necessario creare delle pagine perfettamente ottimizzate per intercettare e rispondere ai bisogni degli utenti. La struttura del sito e la distribuzione dei contenuti al suo interno deve essere attentamente studiata, in modo da evitare che più pagine concorrano per la stessa SERP e si generi quel fastidioso fenomeno meglio noto come cannibalizzazione (come insegnano tre simpatici signori di New York con uno zaino protonico sulla schiena: “mai incrociare i flussi”!)
Ottimizazioni SEO On-site
Con “on-site” si intendono tutte quelle “parti” da ottimizzare all’interno di un sito. Anche in questo caso possiamo individuare quattro aree fondamentali.
Parole chiave
È importante testare sempre, prima di ottimizzare un sito, che le parole chiave per le quali ci si vuole posizionare siano coerenti con il search intent degli utenti che le cercano. Per questo motivo, è fondamentale studiare continuamente la SERP e i contenuti degli altri siti che si posizionano.
Contenuti
“Content is the King” è un’altra citazione che sicuramente hai sentito, o sfoderato tu stesso. In effetti è vero: per quanti fattori d’influenza possano esistere, il contenuto resta il primo “appiglio” di Google per capire di cosa parla una pagina. Scopri come scrivere un articolo in ottica SEO.
Crawlability
Ovviamente, un altro fattore fondamentale è come viene permesso al motore di ricerca di leggere un determinato contenuto. Per questo HTML, CSS e JS diventano alleati fondamentali… e spesso in troppi se ne dimenticano. A questo si possono poi aggiungere ulteriori elementi, come i dati strutturati all’interno del codice HTML, che permettono al motore di ricerca di interpretare contenuti che altrimenti non avrebbero significato, per esempio i numeri. È importante anche fornire al motore di ricerca una sitemap, la quale altro non è che un indice gerarchico, in formato xml, di tutte le pagine di un sito web disponibili per la scansione. La sitemap deve essere inviata a Google tramite Search Console. L’informazione sulla posizione della sitemap può essere indicata anche nel file robots.txt. Il file robots.txt è un altro elemento che indica la qualità di un sito. Contiene le istruzioni per impedire a tutti o alcuni motori di ricerca di indicizzare alcune o tutte le pagine del sito. In generale però, Google sconsiglia di bloccare le risorse di un sito, se non in casi strettamente necessari e molto particolari (esempio: una sezione ancora in fase di sviluppo).
Linking interno
Il modo di relazionare i contenuti all’interno del sito è importante e si ricollega allo studio dell’alberatura, cioè la struttura interna di un sito. Il modo in cui le pagine si relazionano tra loro permette di dare più forza a una pagina rispetto ad un’altra. Esempio pratico: l’homepage. L’homepage è generalmente la pagina “più forte” del sito, perché tutte le altre vi si ricollegano. A sua volta, l’homepage ha il compito di sfruttare l’l’internal linking per ridistribuire sapientemente verso le pagine più importanti l’autorità organica che il sito riceve dai link esterni in entrata. Nella pratica, l’ottimizzazione di una pagina web passa attraverso svariati fattori. Per iniziare, ci limitiamo ad elencare quelli di cui proprio non puoi fare a meno. Prima cosa: ottimizzare gli URL (ovvero gli indirizzi per raggiungibile una pagina). La struttura di un URL è fondamentale per i motori di ricerca in quanto riflette la struttura stessa del sito e la sua suddivisione in categorie e sotto categorie (esempio: www.miodominio.it/categoria/sottocategoria/prodotto). È fondamentale anche che gli URL contengano le parole chiave, di cui abbiamo parlato prima, e siano “parlanti”, cioè permettano l’immediata comprensione dell’argomento della pagina anche agli utenti. Pertanto devono essere statici e privi di parametri. Altro importantissimo fattore: il Titolo della pagina. Il Page Title è una meta informazione, e viene visualizzato soltanto nella SERP (cos’è? Beh semplicemente il “titoletto” in blu che caratterizza ogni risultato). Il Title deve essere rappresentativo e coerente e restare entro una lunghezza di 55-60 caratteri, anche se la vera lunghezza massima viene misurata in pixel (attualmente la lunghezza massima visualizzata è 600 pixel). Anche il title non sfugge alla regola delle parole chiave. In questo caso vale inoltre il concetto di “prominence”: più le keyword sono vicine all’inizio, meglio è.
Meta description
La meta description è, insieme al Title, l’elemento che svolge maggiormente la funzione di catturare l’attenzione delle persone. Anche se non incide direttamente sul posizionamento, la meta description diventa un alleato fondamentale per veicolare il click through rate. Per questo è importante che ad ogni pagina sia associata una descrizione ottimizzata e accattivante, contenente una call to action e delle parole chiave. Infatti, quando gli utenti effettuano una ricerca, Google mette in evidenza le parole chiave presenti nello snippet, tramite l’uso del grassetto. Attualmente, la lunghezza consigliata per la meta description è 155 caratteri e comunque non inferiore a 50 (ovviamente la cosa più importante è che sia efficace), spazi inclusi.
Intestazioni
Gli Headings o intestazioni aiutano i motori di ricerca a capire il contenuto della pagina e quindi a classificarla. La numerazione imposta la gerarchia dei contenuti: si va dall’H1, con cui si identifica il titolo del contenuto della pagina, fino ad H6, utilizzando la numerazione crescente per riferirsi ai sottotitoli.
- È indispensabile che l’H1 sia presente in ogni pagina del sito, che il suo contenuto sia unico e che possibilmente contenga la parola chiave (o le parole chiave) che meglio identificano la pagina (senza fare stuffing, che è invece controproducente).
- I marcatori H2, H3, ecc. devono essere utilizzati rispettando l’ordine gerarchico e devono fornire una chiara descrizione del contenuto che anticipano.
Paragrafi
È bene ricordarsi di utilizzare l’elemento per racchiudere il corpo del testo. Il nasce per circoscrivere e separare i paragrafi e permette ai motori di ricerca di capire che il testo presente all’interno è contenuto rilevante per le ricerche degli utenti. Con il tag , invece, si possono evidenziare in grassetto, all’interno del paragrafo, i concetti chiave (non le keyword!) per la lettura del testo. Quando si chiude </p>
e riapre <p>
un paragrafo, ciò che si crea sulla pagina sono due porzioni di testo separate. All’interno del, per visualizzare un “a capo” si può ricorrere all’elemento break (<br>
) che, al contrario degli altri elementi, non si chiude).
Immagini
Le immagini rendono parlanti le risorse testuali del tuo sito e contribuiscono positivamente al suo posizionamento. Se vuoi ottimizzare un’immagine per i motori di ricerca ricordati di.
- scegliere con cura il nome del file;
- comprimere le immagini e ridurre le dimensioni del file per diminuire i tempi di caricamento;
- compilare l’ALT text e il Title, utilizzando la parola chiave per cui desideri posizionare la pagina (ma senza forzature). Google è in grado di comprendere il contenuto delle immagini grazie anche all’ALT text, attributo che nasce per descrivere il contenuto delle immagini ai non vedenti o come place order, quando il motore non riesce a caricare le immagini.
Oltre a contribuire all’ottimizzazione complessiva, le immagini possono giocare un ruolo importante anche nelle conversioni.
Quanto detto fino ad ora ti sembra poco, o scontato? Bene, ma sappi che ancora solo una minima parte dei siti comuni può vantare di aver ottimizzato tutti questi aspetti. Dal 2017, Instilla effettua annualmente uno studio sul grado di digitalizzazione delle Startup in Italia. Nel 2018 è emerso che solo un terzo delle 9705 Startup iscritte al Registro delle imprese possiede un sito web funzionante e che rispetti i requisiti minimi per una buona fruibilità. Di queste, solo il 3,23% ha superato anche il Livello Base della SEO, ovvero 97 imprese su 3001. Scoprirai che esistono ancora molti ostacoli per le aziende lungo il cammino della perfetta presenza online. Puoi saperne di più consultando nostro Report Startup 2018
Ottimizzazioni SEO Off-site
Sapevi che Google è stato il primo a inventarsi il concetto di “off-site”?
Un tempo, per classificare il contenuto di una pagina, i motori di ricerca erano soliti partire dal numero di volte in cui era citata la parola chiave o query ricercata dall’utente.
Nel 1996 Larry Page e Sergey Brin sviluppano il Page Rank, un algoritmo poi brevettato dalla Stanford University che tiene in considerazione tutti i collegamenti ipertestuali presenti nel web, allo scopo di quantificare l’importanza relativa di una pagina all’interno dello stesso, riprendendo un sistema simile a quello utilizzato per valutare la qualità dei paper accademici. Infatti, come uno studio citato da svariati articoli e studi successivi viene considerato autorevole in un determinato settore, allo stesso modo una pagina che riceve tanti link in entrata sarà a sua volta considerata autorevole, e pertanto privilegiata tra i risultati di ricerca. Il valore di questi collegamenti varia in base alla popolarità dei siti dai quali provengono. In più, i link testuali hanno un valore aggiunto, specialmente se contengono parole chiave.
Una stima della percezione che Google ha dell’autorevolezza di un sito può essere fornita da alcuni tool terzi, come MOZ e Majestic. Entrambi i tool calcolano la cosiddetta “Authority” di un dominio (o di una directory specifica) ed effettuano un’analisi del profilo backlink del sito. Nello specifico, il link profile evidenzia la situazione dei link in entrata e utilizza il Trust Flow come indice.
Il Trust Flow è una metrica percentuale che stima il livello di affidabilità di un sito in base a quella dei siti da cui riceve backlink, e dunque alla qualità di tali collegamenti. Importante è anche il Citation Flow, una metrica che invece si attiene alla quantità dei link in entrata.
Black Hat e White Hat SEO
Lo sforzo per posizionare un sito nelle prime posizioni delle SERP migliori è un impegno che si protrae nel tempo, cercando sempre nuove strategie per battere la concorrenza. E come per una qualsiasi gara vi sono numerosi modi di “prepararsi”, anche in questo caso esiste una grande varietà di tecniche che concorrono al raggiungimento dei posizionamenti migliori. Tuttavia, non tutte queste possono considerarsi corrette e conformi agli standard dettati dai motori di ricerca. Da qui l’eterna contrapposizione tra i Jedi e i Sith della SEO, le tecniche White Hat e Black Hat.
La White Hat SEO è il metodo più etico e sicuro di scalare e mantenere il ranking della SERP; tuttavia, raggiungere posizioni elevate seguendo queste tecniche richiede tempo.
Tra queste rientrano
- la creazione di contenuti di qualità pensati per gli utenti;
- focus sul Content Marketing;
- pensare alla navigazione da mobile;
- dare priorità all’esperienza utente (UX);
- effettuare un’eccellente ricerca di parole chiave;
- utilizzare il markup dei dati strutturati;
- ottimizzare i metatag;
- ottimizzare i link interni;
- per le attività commerciali locali, creare una scheda Google My Business;
- intraprendere un’attività di link building che coinvolga solo siti web reali, con link di qualità effettivamente rilevanti per il tuo sito e i tuoi utenti;
- ecc..
In altre parole, la White Hat punta prima alla qualità dei collegamenti e dei contenuti, piuttosto che alla quantità.
Viceversa, la SEO Black Hat può far aumentare rapidamente la visibilità di un sito, ma con risultati destinati ad esaurirsi nel breve termine e rischi elevati. Tali tecniche non seguono le linee guida di ranking del motore di ricerca e, se i crawler riescono a identificarle, de-indicizzano il tuo sito.
Fra queste vi sono:
- commenti massivi su Blog e Forum;
- automazione dei contenuti;
- pagine doorway, ovvero pagine che re-indirizzano in automatico gli utenti verso un’altra pagina. Questo trucchetto serve a far indicizzare ai motori di ricerca questa pagina (spesso ben indicizzata) e mostrarne un’altra agli utenti.
- cloaking (altra tecnica in cui il contenuto presentato al ragno del motore di ricerca è diverso da quello presentato al browser dell’utente);
- testo o collegamenti nascosti;
- keyword stuffing;
- link farms, link wheels e link networks, ovvero diverse modalità di creazione di un insieme di pagine web, al solo scopo di creare collegamenti a una pagina di destinazione, nel tentativo di migliorarne il posizionamento nei motori di ricerca;
- spam di markup rich snippet;
- creazione di pagine, sottodomini o domini con contenuti duplicati;
- ecc..
LINK BUILDING E LINK EARNING
Alcuni contenuti sono particolarmente adatti a ricevere link esterni o ad essere ricondivisi.
Quando si creano nuovi contenuti, bisogna pensare a cosa possa risolvere i problemi dei nostri utenti. Anche in questo caso la keyword research è la base di partenza per capire come gli utenti utilizzano il web, cosa cercano, e ricorrere al loro stesso linguaggio.
La link earning fa riferimento alle attività di acquisizione naturale di link: creare una guida tecnica esaustiva (come questa 😉 ) che risponda alle esigenze di una nicchia di mercato o di una community; creare un’infografica accattivante che meriti di essere ricondivisa e che illustri, ad esempio, come risolvere un problema; scrivere una guida passo passo, una ricerca scientifica, un report, creare un video virale, ecc. Originalità e pertinenza sono le caratteristiche che non possono mancare ad un content pensato per acquisire link.
La link building fa invece riferimento a tutte quelle attività inerenti all’acquisizione di link che avviene in modo non spontaneo. Si può fare link building in diversi modi: tramite siti di article marketing, guest post (gratuiti o a pagamento), directory, private blog network (PBN), link da commenti… fare una buona link building significa essenzialmente saper equilibrare col giusto mix il profilo backlink di un sito.
SEO e altre cose amene
SEO & Co:la SEO all’interno di una strategia multicanale
SEO E SEM: CHE DIFFERENZA C'È
Quando si parla di promozione di siti web sui motori di ricerca, spesso insiema alla SEO viene menzionata anche un’altra disciplina: il Search Engine Marketing, o SEM. A generare confusione è l’errore comune di confondere SEO e SEM, utilizzandoli a volte in maniera intercambiabile o contrapposta. .
Con SEM si intende l’insieme di tutte le attività di web marketing svolte per incrementare la visibilità e la rintracciabilità di un sito web nei motori di ricerca, al fine di generare traffico qualificato. Tali attività vanno dalle strategie di benchmarking al monitoraggio, fino alla valutazione dei ritorni sia delle singole azioni che della strategia totale con appositi tool di analisi.
Dunque, lo zio SEM racchiude al suo interno la SEO, il SEA ( Search Engine Advertising), SMO ( Social Media Optimization), ma in esso rientrano anche le attività di vendita diretta, di customer care e di creazione e analisi di basi dei dati raccolti.
Per realizzare una campagna web marketing efficiente, difficilmente è possibile prescindere da uno di questi fattori, poiché si tratta di tecniche che non possono lavorare indipendentemente, ma devono essere parte di un’unica strategia complessiva.
SEO VS SEA
SEA sta per Search Engine Advertising, ed è la branca del SEM che si occupa di incrementare la reperibilità del sito ricorrendo ad annunci pubblicitari a pagamento, nei motori di ricerca o in siti partner. La piattaforma più utilizzata per la SEA è senz’altro Google Ads (Ex Google Adwords). Forse ne avrai sentito parlare, nel linguaggio comune, anche come PPC (acronimo di “pay per click”), ma questo è solo una delle varie modalità di pagamento di un annuncio, che normalmente avviene sotto forma di asta.
Non si può pensare infatti di realizzare una campagna Google Ads senza aver ottimizzato il proprio sito o aver creato una landing page veloce e SEO friendly.
Così come non si può pensare di creare un blog di successo senza curare la condivisione sui propri profili Social Network.
SMO: SEO e SOCIAL MEDIA
Secondo la definizione di Kaplan e Haenlein, i social media sono “un gruppo di applicazione web basate sui presupposti ideologici e tecnologici del Web 2.0, che consentono la creazione e lo scambio di contenuti generati dagli utenti.”
Si possono individuare ben 13 categorie di social media. Una di queste è rappresentata dai social network, ma oltre a loro figurano anche blog e microblog (come Twitter), forum, reti professionali (business network, come LinkedIn), mondi virtuali di gioco e realtà virtuali, video sharing (Youtube!), ed altri ancora.
Con Social Media Optimization, o SMO, si intende dunque il processo strategico con cui si generano contenuti originali online finalizzati a motivare un pubblico ad interagire con un particolare sito web, marchio o prodotto.
Questi contenuti nascono nei formati più disparati e servono fondamentalmente a generare interesse e ad essere condivisi.
Emerge quindi facilmente l’importanza di questa pratica per gli scopi della SEO: creare dei contenuti di qualità e promuoverli su più canali possibili è il miglior modo di aumentare la probabilità di ottenere link spontanei.
Al fine di incentivare una diffusione spontanea, diventa fondamentale la ricerca del contenuto non solo interessante ma anche virale. Un contenuto, cioè, che stimoli la condivisione del contenuto permettendo di ampliare la rete e, pertanto, di interagire con nuove persone.
Da qui, spostare l’interazione del pubblico da una pagina social al proprio sito, con un conseguente aumento di visite, contribuisce sia a migliorare il posizionamento nel medio/lungo periodo, sia all’aumento della propria reputazione online (Online Reputation Management).
Abbiamo visto come negli ultimi anni con i suoi update Google dia sempre più peso alla reputazione online per determinare il posizionamento, dunque questo è un fattore dal quale nessun business può più prescindere.
In conclusione, il rapporto che lega SEO e Social Media è molto più complesso di quanto si creda, senza contare che ciascun canale ha i suoi “segreti” per l’ottimizzazione. Per questo lo abbiamo approfondito ulteriormente in questo articolo sulla Social Media Optimization.
SEO PER E-COMMERCE
Lavorare in un’ottica SEO sin dalle prime fasi di progettazione di un eCommerce è fondamentale per ottenere un buon Tasso di conversione (Conversion Rate).
La strategia SEO di base per un sito eCommerce non è molto diversa da quella per qualunque altro sito. Occorrono anzitutto un’ottima Keyword research e un’analisi accurata dei competitor, per poi passare a una meticolosa ottimizzazione di tutti i fattori on-site.
Per un eCommerce saranno particolarmente determinanti i tempi di caricamento, la qualità delle immagini e la user experience: è infatti importantissimo eliminare qualunque ostacolo che può frapporsi tra l’utente e il momento della conversione. È inoltre molto importante curare i link interni e facilitare la navigazione con un’alberatura lineare, organizzata per categorie e sottocategorie.
Infine, il buon posizionamento di un sito eCommerce dipende molto dalla capacità di scrivere delle buone schede prodotto in ottica SEO:
- scrivere descrizioni prodotto uniche e originali;
- ricorrere alle parole chiave relative al nome del prodotto, le varianti e i sinonimi;
- utilizza i marcatori H con criterio;
- implementare l’apposito markup per i dati strutturati (schema.org);
- ogni pagina deve rispondere ad una query (un eCommerce è particolarmente soggetto al rischio di cannibalizzazione/contenuti duplicati – saper implementare correttamente l’attributo rel=“canonical” può evitare non pochi problemi).
Se sei arrivato fin qui ti sei preso una bella cotta per la SEO!
Ti capiamo, noi ce la siamo presa anni fa…
ConosciamociSEO PER E-COMMERCE
La SEO per le attività locali (o Local SEO) riguarda tutte le attività volte a migliorare la visibilità di un progetto web a livello locale, ovvero all’interno della specifica area geografica nella quale l’impresa opera.
A tal fine si lavora su chiavi di ricerca locali che, pur avendo volumi di ricerca inferiori rispetto alle chiavi di ricerca generiche, risultano essere maggiormente specifiche ed estremamente mirate al target di interesse (pensa di dover posizionare il sito del tuo ristorante: sarà più semplice posizionarti per la chiave “ristorante di pesce Milano”, piuttosto che per un generico “ristorante”).
Inoltre, attraverso la creazione di una scheda Google MyBusiness, si ha la possibilità di verificare un’attività presso il motore di ricerca e di avere il controllo delle informazioni che vengono fornite. In particolare:
- nome dell’attività;
- la categoria di servizi in cui rientra l’attività;
- sede (o sedi) dell’attività;
- orari di apertura e chiusura ed orari speciali;
- foto dell’attività;
- sito web ufficiale;
- numero di telefono dell’attività;
- ecc.
Essere proprietari di una scheda GMB conferisce grandi vantaggi tra cui:
- una maggiore visibilità nella SERP per le ricerche mirate;
- possibilità di essere trovati su Google Maps;
- possibilità di ricevere recensioni dagli utenti e mostrare il proprio rating;
- possibilità di interagire direttamente con gli utenti, condividendo post e rispondendo alle loro domande e recensioni;
- essere facilmente contattabile grazie alla funzione “click to call” (fondamentale da mobile).
Instilla nasce con una particolare vocazione per la Local SEO. Scopri Primi sulle Mappe, il nostro servizio di local SEO.
SEO E MOBILE
Oggi, coerentemente con il fatto che le ricerche da mobile hanno superato quelle da desktop, ottimizzare un sito web per dispositivi mobile è diventato un requisito fondamentale per essere visibili sui motori di ricerca. È sempre più importante che i siti web siano ottimizzati per la navigazione da dispositivi mobile fornendo una versione compatibile o sfruttando un layout responsive, che si adatti alla tipologia di dispositivo che l’utente sta utilizzando.
Da marzo 2018, infatti, Google ha finalmente messo in atto il processo annunciato di rivoluzione della SERP, classificando i risultati di ricerche in base alla loro versione mobile. Con l’introduzione del Mobile First Index, infatti, Google ha iniziato a ricorrere ad uno user agent mobile per il crawling dei siti web.
I requisiti fondamentali di un sito mobile friendly prevedono che:
- i tempi di caricamento delle pagine siano rapidi anche da smartphone;
- le risorse siano fruibili su tutti i dispositivi con UX appagante da tutti i dispositivi;
- i contenuti siano ugualmente visibili in tutte le versioni.
Anche in questo caso, Google mette a disposizione uno strumento test per sapere se un sito è mobile friendly: https://search.google.com/test/mobile-friendly
Vuoi approfondire? Abbiamo trattato l’argomento della SEO per dispositivi mobile in questo articolo.
SEO E RICERCHE VOCALI
La ricerca vocale è sicuramente una delle “novità” che modifica maggiormente le modalità attraverso cui gli utenti si approcciano a una ricerca.
Lanciata da Google nel 2009, la Voice Search (la tecnologia di riconoscimento vocale che consente agli utenti di effettuare una ricerca semplicemente usando la voce), ha conosciuto un boom con il diffondersi dei Vocal assistant (come Siri e Cortana o Alexa) e della domotica.
Così come non si può pensare di creare un blog di successo senza curare la condivisione sui propri profili Social Network.
Ma quali sono le differenze tra la vocal search e ricerca tradizionale? E in che modo impattano effettivamente sulla ottimizzazione SEO?
Il funzionamento della Voice Search si fonda su due aspetti centrali:
- la capacità di riconoscere il linguaggio umano;
- la capacità di comprendere e interpretare il senso specifico di una richiesta.
Come accennato, già con l’algoritmo Hummingbird Google ha migliorato la sua capacità di riconoscimento del search intent, e sta piano piano affinando un motore semantico molto potente.
Chiaramente le ricerche effettuate tramite voice search saranno meno meccaniche di quelle digitate. Si passa appunto dalla ricerca per keyword a quella per vere e proprie query long-tail, affini al linguaggio parlato. Oltre alla forma poi, cambiano anche il contesto e la finalità con cui viene effettuata una ricerca.
Questo si riflette sul modo in cui vanno pensati e articolati i contenuti e sul modo di collegarli tra di loro, sul Tone of Voice utilizzato, sul modo di ottimizzare la user experience.
La Voice Search inoltre, va a braccetto con i bisogni contingentali, che spesso si traducono in ricerche a livello locale. Per questo la Local SEO si ripropone nuovamente come una preziosa alleata per fronteggiare questa ulteriore evoluzione.
SEO COPYWRITING
Il SEO Copywriting è una tecnica di scrittura che combina i princìpi dell’ottimizzazione per i motori di ricerca con quelli della buona scrittura, in modo da creare contenuti in grado di posizionarsi ma anche di soddisfare e interessare effettivamente gli utenti.
Il SEO copywriter quindi è necessariamente una figura in grado di coniugare capacità di scrittura con una conoscenza approfondita almeno dell’ottimizzazione on-site. Inoltre, deve essere in grado di studiare l’evoluzione delle query degli utenti, utilizzando i tool a disposizione.
Riprendendo anche alcuni concetti già spiegati, ricapitoliamo quali caratteristiche contraddistinguono un buon lavoro di SEO copywriting:
- scrittura formalmente corretta e contenuti di qualità;
- parole chiave inserite in maniera naturale;
- non limitarsi all’uso delle parole chiave, ma variare sinonimi, plurali, termini correlati, ecc;
- utilizzo di grassetto, sottolineato e del corsivo per mettere in evidenza i concetti importanti;
- cura dei meta Tag (title e meta description in primis);
- utilizzo delle keyword nelle url;
- utilizzo degli elenchi puntati;
- ricorso a link interni e link esterni utili e incorporare i collegamenti nel testo (creando un giusto equilibrio con degli anchor text ottimizzati).
Esistono varie tecniche di scrittura SEO, dalla redazione dei cosiddetti pillar article (lunghi testi – dalle 2000 parole in su – verticali ed esaustivi su un determinato argomento) a quella di una pagina prodotto, alle pagine con testi brevi ma arricchite con video o infografiche.
La costante di questi lavori deve essere lo studio puntuale delle query per intercettare l’interesse dell’utente.
OTTIMIZZAZIONE PER LE RICERCHE NEGLI APP STORE
L’App Store Optimization (ASO) è il processo di ottimizzazione delle app mobili per posizionarsi più in alto nei risultati di ricerca di un app store ed essere visibile a potenziali clienti.
Anche in questo caso l’obiettivo finale è la conversione, ovvero: far sì che gli utenti scarichino la tua app.
La ricerca in Store è ancora il più grande canale di scoperta disponibile per la tua app, e con oltre 3 milioni di applicativi mobile presenti nei principali store, farsi trovare diventa un problema cruciale.
Le strategie ASO si suddividono in due fasi: vi è una strategia “pre lancio”, e anche una strategia “post lancio”, per non sprecare il lavoro fatto.
I parametri base presi in considerazione per l’ottimizzazione sono:
- Nome applicazione
- Sottotitolo e Testo promozionale
- Descrizione
- Visual: logo, screenshot, immagini
- Categoria (la scelta della categoria – come abbiamo visto per la Scheda GMB – deve essere coerente con ciò che si offre, ed è cruciale nel determinare un aumento o un crollo del traffico verso la tua app. Se sei in dubbio, fai una ricerca sulle app simili alla tua e scegli di conseguenza).
Se sei stato attento nelle puntate precedenti, avrai intuito che, anche in questo caso, il punto cruciale sta tutto in un’accurata analisi keyword di partenza e in uno studio approfondito del target.
Ci sono poi fattori secondari – ma che fanno la differenza – e che dipendono dalle interazioni degli utenti:
- il numero di download
- le valutazioni e le recensioni
Fare ASO, come qualsiasi altra ottimizzazione, richiede tempo per essere implementata con un approccio corretto e anche per vederne i risultati. Ma per coloro che hanno il tempo di capire, iterare e testare, i risultati possono essere incredibili!
Sei riuscito ad arrivare a leggere fin qui senza perdere la bussola?
Ottimo! Sicuramente adesso avrai una visione più completa della complessità della SEO. Ma perché fermarsi qui.
Se il tuo obiettivo è entrare nella disciplina a livello pratico, approfondire ogni aspetto della SEO, dalla storia, alla SEO tecnica, dallo studio del web semantico alla comprensione dei codici HTML e JavaScript, quello che ti serve è un corso SEO avanzato. Fortuna vuole che tu sia nel posto giusto e al momento giustissimo.
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